Il Mensile
L'Occhioche recensisce "Il dono di Rebecca" di Marina Dionisi.
La razionalità spesso conduce
l'uomo all'arroganza della certezza. Eppure sovente
l'inspiegabile prende il sopravvento, costringendo il certo a
ceder passo a quel che la ratio non sa spiegare.
Il dono di Rebecca (Deinotera
Editrice, Roma 2006) narra la storia di Rebecca, le cui facoltà
di sensitiva si manifestano sin da bambina, portandola negli
anni a convivere con quello che alcuni considerano un dono,
altri una condanna che indirizza inesorabilmente ad una
"ghettizzazione" indotta da una collettività spesso ben piantata
a terra.
L'intreccio fra tangibile e
percezione assume nella protagonista un sapore familiare, grazie
anche all'apporto delle figure a lei vicine, e le spiegazioni
degli eventi vengono a volte avallate da riscontri scientifici,
altre volte si perdono nel sensoriale di una visione paranormale
che non mira, come la letteratura del settore fa, a stupire con
mostri che si materializzano da altre dimensioni (vedi thriller
parapsicologici), bensì rende partecipe il lettore con un
linguaggio coinvolgente in grado di condurlo, riga dopo riga,
nella profondità dell'animo della stessa Rebecca.
Così, presente reale e presente
parallelo si sovrappongono, lasciando come in un cross over
psichico, all'interno di ogni dimensione i cenni dell'altra.
Marina Dionisi, studiosa
dell'Energia e del Paranormale, al suo esordio letterario ha
saputo cedere agli altri le proprie esperienze di vita,
racchiudendo in un romanzo avventura, mistero, suspense, dove
nulla è come sembra e ad esistere non è solo il visibile.
In un tempo leggendario figure come
la Sibilla Cumana rappresentarono il mito riconosciuto e
accettato; nel mondo odierno il fascino mitologico si è perso,
lasciando solo un sentimento di rifiuto per il "diverso".
Ma l'andare "oltre" le frontiere
può persino trasformare un lettore in Argonauta dell'ignoto.
di Simone Colaiacom
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