La vita quotidiana sa sempre dimostrarsi spunto per una storia
da raccontare. E come ogni storia che si rispetti, se riesce a
trasformarsi in narrativa, ha la capacità di assumere le forme
più impreviste, oltre a quelle abituali e generalizzate. Ma una
storia non può esser definita tale senza un sapore agrodolce che
sappia intrecciare le difficoltà con la felicità.
"Una gatta di nome Carla", Deinotera Editrice (Roma 2006) è
tutto questo, fondendo alla femminilità il coraggio, cosa che
per secoli non è stata neanche lontanamente pensabile.
Sembra quasi di trovarsi a leggere di un personaggio tra "Ally
Mc Beal" e "Bridget Jones". Infatti Carla, solare e seducente
quarantenne, nel momento in cui prende la decisione di
concludere la sua relazione con Augusto, non ha ben chiaro cosa
significhi essere single. Imbattendosi in situazioni
sentimentali tutt'altro che veritiere e oneste, tra risvolti
sociali di mondi differenti dal suo per regole, abitudini,
immerse nella frequente contraddittorietà del vivere, Carla si
avvolge nel suo charme e, piena di spirito di iniziativa, si
avventura verso un percorso insidioso ma divertente; le
disavventure si dimostrano sempre stimoli positivi, nella loro
negatività, al fine di far emergere la determinazione unita ad
una giusta dose di ironia nell'affrontare il mondo. E il senso e
il bisogno di indipendenza saranno collante per ritrovare una se
stessa vincente, e non solo...