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Carlo Menzinger su "La Nave del destino" di Marco Mazzanti
 


Dopo aver letto tre romanzi di Marco Mazzanti, posso confermare la forte valenza per questo autore dei cromatismi nella sua scrittura.


Avevo già descritto “L’uomo che dipingeva con i coltelli" (
link ) (Deinotera Editrice – ottobre 2008) come un romanzo cromaticamente tagliente. Descriveva infatti le sensazioni e le vicende di un ragazzo albino cieco che riacquista la vista a sedici anni e diventa poi un pittore molto particolare.


Ho poi letto “Demetrio dai capelli verdi” (
link ) (Eiffel Edizioni – 2010). Se nell’altro romanzo il protagonista aveva i capelli bianchi, rappresentando quindi un’anomalia cromatica ma restando pur sempre nell’ambito del reale, in quest’altro romanzo, il terzo pubblicato da Mazzanti, Demetrio ha, appunto, proprio i capelli verdi e la sua pelle è azzurrina e lucente. Anche questo personaggio è un diverso e l’unicità del suo colore serve a descrivere con toni da fiaba il disagio di tutti i diversi, ancor più che i problemi del razzismo.

 

Il terzo romanzo che ho letto di questo giovane autore si intitola “La nave del destino – Asia” ed è edito da Deinotera nell’ottobre 2008.
Anche in questa lunga fiaba troviamo quella che, a tal punto, definirei quasi l’ossessione mazzantiana per il colore dell’epidermide. Asia, la splendida protagonista ha infatti capelli azzurri e quasi trasparenti, come quelli di una fata e lentiggini d’oro. È così bella che deve nascondersi sotto un burqua. Suo padre è un albino.


Anche questa storia, come le altre due, è ambientata in un passato strano, in cui alla Storia vera, appena accennata, si mescola una storia fantastica e fiabesca, peraltro senza alcuna pretesa ucronica. Anche la geografia mescola nomi reali e spesso esotici con altri che riterrei di pura fantasia.
Oltre alla protagonista, la cui bellezza è tanto straordinaria che se solo si sfilasse il burqa sconvolgerebbe il mondo, ci sono altri personaggi da fiaba, quali i tre gemelli dai capelli arancioni (ancora colore!), uno buono, uno cattivo e uno assente e i personaggi del circo, quali la coppia di donne barbute, la bella equilibrista Nina, il mangiatore di spade. Altri hanno connotazioni fantasy, come l’inquietante Garland, l’immortale Re dei Troll e le sue innumerevoli mogli sirene o l’uomo lucertola e suo fratello.

Quella che si svolge è una fiaba, ma sufficientemente lunga e ampia da accogliere tra le sue ali amori corrisposti e non, delitti, avventure, salvataggi, viaggi e altro ancora.
Forse qualche brano scorre un po’ meno di altri e pare superfluo ma nel complesso la storia si legge bene e la seconda parte, con il gemello buono, ormai rimasto solo, che cerca di salvare la bella Asia dalle grinfie di Re Garland, imbarcandosi verso terre esotiche e misteriose, diventa coinvolgente e spinge a leggere velocemente.

Credo che questo romanzo, sebbene pubblicato in contemporanea a “L’uomo che dipingeva con i coltelli”, potrebbe essere il primo scritto da Mazzanti, contenendo in nuce molti elementi degli altri due. È, forse, il più denso, proprio per l’accavallarsi di tante storie, come spesso capita con un’opera prima a un autore prolifico, che ha dentro di sé ancora tanto da narrare. Gli altri due sono più concentrati e lineari.

Lo stile, l’impostazione, il tipo di personaggi e di ambientazioni comunque si mantengono costanti al punto da caratterizzare fortemente e chiaramente questa fase produttiva di Mazzanti, rendendo la sua scrittura (sempre pulita e leggibile) come ben individuabile e riconoscibile. Garanzia questa per quei lettori che, apprezzato uno dei suoi testi, ne vorranno provare un altro.


 



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